domenica 21 dicembre 2014

Differenze fra il modello Evolutivo delle Personalità e l'Analisi Transazionale.



  
L’omonimia legata ai termini Bambino, Adulto e Genitore ha creato spesso confusioni fra il modello evolutivo e l’analisi transazionale fondata da Berne. Anche se il fondatore del modello evolutivo, il prof. G.C.Giacobbe riconosce il debito del suo approccio anche all’analisi transazionale, esistono punti di differenziazione qualitativa che li rendono due approcci distinti. Vediamo quali.

1)      Nell’analisi transazionale la personalità viene considerata unica, composta da tre stati dell’Io (o sottosistemi interagenti), che sono appunto lo stato dell’ Io Bambino, dell’ Io Adulto e dell’ Io Genitore. Nel modello evolutivo si afferma invece che Bambino, Adulto e Genitore non rappresentano stati dell’Io, ma formano tre personalità ben distinte, con sistemi percettivo reattivi, comportamenti e bisogni differenti. Per questo motivo possiamo chiamare il modello evolutivo delle personalità anche modello delle personalità multiple.
2)      Nell’analisi transazionale i tre stati dell’Io sono  definiti come istanze psichiche che Berne deriva da quelle freudiane (Es, Io, Super Io) e di cui mantengono alcune caratteristiche. Nel modello evolutivo Bambino Adulto e Genitore sono personalità complesse che derivano dallo sviluppo degli schemi comportamentali innati dei mammiferi. Quello del bambino, basato sulla dipendenza e la richiesta di accudimento, quello dell’adulto, basato sull’indipendenza, caccia e sopraffazione/difesa per la conquista dei territori e della sopravvivenza, quello del genitore basato sull’accudimento della prole. La psicologia evolutiva intende quindi proporre le tre personalità all’interno di un’ottica evolutiva che vede la personalità multipla dell’essere umano come evoluzione psicologica della razza.
3)      Una ulteriore differenza la si osserva nell’attribuzione delle funzioni ai componenti della triade in entrambi i modelli. Per esempio, l’Io bambino, quando attivo, viene considerato come l’espressione del comportamento di quando ero bambino. Nel modello evolutivo si riconoscono delle caratteristiche di base (appartenenti allo schema innato di cui abbiamo accennato) del cucciolo: ossia dipendenza, ricerca di aiuto, ricerca di protezione. Lo stato dell’Io adulto viene considerato nell’analisi transazionale come la sede delle decisioni, dell’elaborazione delle informazioni, del contatto col mondo. Nell’approccio evolutivo l’Adulto ha a che fare con abilità quali la capacità di sviluppare indipendenza, autoaffermazione, autorealizzazione, autostima. Ossia il raggiungimento di uno stato autonomo. Lo stato dell’Io Genitore è visto nell’analisi transazionale come l’attivazione di quanto imparato da bambini dai propri genitori, compresa la morale. Di nuovo,  Nel modello evolutivo si presuppone uno schema innato di base, caratterizzato da capacità di sacrificio, dedizione, accudimento, sopra i quali si vanno a sedimentare gli apprendimenti. Il genitore punitivo nell’accezione negativa di Berne (ossia la parte svalutativa, negativa, critica) viene considerato dal modello evolutivo un bambino mascherato da genitore. Il genitore, infatti, nella sua manifestazione matura e completa ha come comportamento primario quello del sostegno, dell’aiuto, del supporto alla prole. Ossia genera amore.
4)      L'obiettivo che ci si prefigge avviando l'analisi transazionale è di ristabilire l'autonomia e di rendere più stabile la condizione di problem solving dell'individuo, potenziando lo stato dell’Io adulto. Nel modello evolutivo lo scopo è quello di ristabilire un equilibrio fra le tre personalità, non solo potenziando l’Adulto, ma quando necessario anche il Genitore e proteggendo/medicando affettivamente il Bambino affinchè abbandoni lo stato di dominanza (che è determinato dalla forza emotiva di cui si nutre la personalità stessa) e lasci svilupparsi gli altri due modelli.
5)      Nel modello evolutivo le tre personalità sono legate anche alle tre auto immagini sedimentate in memoria,  che coinvolgono sia il sistema affettivo che quello cognitivo della persona. La terapia utilizza proprio la strada della visualizzazione (o della trance) per entrare in contatto con l’inconscio, ove risiedono le personalità.

Vi sono altre differenze, di minore importanza, ma ritengo che già queste possano chiarire la differenza fra i due modelli, che poi pragmaticamente diventa differenza nella tecnica terapeutica.

venerdì 19 dicembre 2014

La psicologia evolutiva delle personalità



Un nuovo modello di psicologia
per l’evoluzione, il benessere e la cura della persona


dott.ssa Monica Bonsangue
psicologa, psicoterapeuta,
psicopatologa, ricercatrice.


“Ogni nuova fede comincia con un’eresia”
Robert Aron


La psichiatria moderna e le varie correnti di psicologia degli ultimi secoli sono abbastanza concordi nel ritenere che un individuo è sano quando ha una struttura di personalità ben formata, coerente e non contraddittoria. Molti di questi modelli hanno studiato e descritto la personalità da diversi punti di vista, arrivando a darne anche differenti interpretazioni. Ciascuno di loro ha avuto enormi influenze in ambito psicoterapeutico, poiché numerosi approcci di psicoterapia si sono sviluppati seguendo le indicazioni che emergevano dagli esiti degli studi sulla personalità.
Nel corso dei tempi, a partire da Ippocrate e forse anche prima, l’uomo ha prodotto centinaia di modelli per interpretare le personalità umane.
Gli studi dei ricercatori hanno portato alla creazione di diverse teorie, fra cui ricordiamo:
-          Teorie somatiche (teorie che assumono come indizio rilevante la costituzione morfologica). Galeno, Kretschmer (1925), Scheldon (1942) sono alcuni dei più famosi esponenti.
-          Teorie fisiologiche funzionali (che assumono come assunto rilevante la risposta neurovegetativa o l’equilibrio ormonale), in cui spiccano gli studi di Friedman e Rosenman (1959).
-          Teoria delle tipologie psicologiche (quando al cento dell’attenzione vi è la risposta comportamentale), sviluppata da C.G.Jung a partire dal 1923.
-           Teorie dei tratti caratteriali, che pongono l’accento sulle caratteristiche individuali che variano da individuo ad individuo, sviluppate diversamente da Allport (1955), da Cattel (1956), da H. J. Eysenck (1986).
-          Le teorie interpersonali, che cercano di correlare lo sviluppo della persona in base all’influsso delle forze dell’ambiente umano e sociale frequentato nell’infanzia e nel presente, su cui hanno lavorato K. Horney (1959),  E. Fromm (1971) ed E. H. Erikson (1959) .
-          Le teorie dell’apprendimento, in cui l’accento è posto sull’influenza che ha l’apprendimento di modificare il comportamento individuale. Gli studiosi di spicco di questa corrente sono Dollar e Miller (1950), Lazarus (1961), Rotter (1971).
-          La teoria del campo, di K. Lewin (1935) che applica al comportamento interpersonale e al concetto di personalità i principi strutturali evidenziati dai gestaltisti nello studio della percezione.
-          Le teorie della percezione del Sé , teorie fenomenologiche che intendono la personalità come frutto di una scelta cosciente. C. Rogers (1951), Snygg e Combs (1959) fra i pionieri di questo approccio.

Ciascuna di queste teorie, anche se ammette più dimensioni, ovvero differenti aspetti costitutivi di una personalità, condivide con le altre due aspetti:
1.     il dare per scontato che siamo costituiti da una sola personalità;
2.     il fatto che la personalità, per avere caratteristiche sane, deve essere stabile nel tempo nelle caratteristiche fondamentali (vedi studio dei tratti caratteriali) e coerente con sé stessa, ossia non contraddittoria.
Caprara e Cervone (p.56, Personalità, determinanti, dinamiche, potenzialità, Raffaello Cortina ed.), facendo riferimento agli studi di Block (1971, 1993), Endler (1984) e Magnusson (1988) commentano:
E’ divenuto chiaro che la personalità è caratterizzata non solo da una significativa stabilità nel corso del tempo, ma che si realizzano interazioni dinamiche anche tra le persone e gli ambienti sociali, le quali contribuiscono significativamente alla determinazione sia della stabilità sia dei percorsi di cambiamento”.
Il costrutto della personalità unica, stabile, integrata risente di alcune influenze, alcune delle quali derivano dall’applicazione delle logiche aristoteliche allo studio dell’essere umano. L’influsso dei principi della logica ordinaria e dei suoi principi fondamentali (principio di identità, principio di non contraddizione, principio del terzo escluso) è stato presente in tutto il pensiero scientifico fino alla prima metà del ‘900, e la sua applicazione a tutte le scienze ne ha influenzato lo sviluppo ed i metodi di ricerca. Scienze psicologiche comprese.
Nell’ottica delle correnti moderne le personalità multiple, intese come Disturbo Dissociativo dell’Identità (caratterizzato dalla presenza di almeno due personalità separate che prendano costantemente il controllo dell’individuo, associato a perdita di memoria, depersonalizzazione, fuga dissociativa, solo per citare alcune manifestazioni) vengono considerate una patologia, qualcosa che va fuori dall’ordinario, un aspetto da curare. Compito di psichiatri e psicoterapeuti appositamente formati sarebbe, da questo punto di vista, quello di mettere in ordine la personalità divisa, frammentata, ed  integrare in una sola struttura coerente e non contraddittoria tutte quelle parti del Sé e dell’Io che risultano in contraddizione.

Ma esiste anche un altro punto di vista, poche voci fuori dal coro che hanno avanzato una teoria affascinante.
Questa teoria prevede che l’essere umano sia in realtà formato da personalità multiple.
Ma è davvero possibile una visione del genere? Da dove proviene? Ha dei riscontri pragmatici? Ma soprattutto, quali campi di riflessione e di ricerca ci può aprire?

La nascita del modello  della psicologia evolutiva (delle personalità)

La psicoterapia evolutiva è nata sul campo ed il risultato di una lunga pratica clinica sviluppata tramite la psicoterapia. Il suo primo protagonista è stato Vincenzo, un paziente in cura dal prof. Giacobbe, fondatore del modello. Questo paziente soffriva di una quantità sconsiderata di fobie: aveva paura di tutto. Aveva già consultato diversi terapeuti, senza risultato. Il prof. Giacobbe scoprì che mettendo l’uomo in uno stato di trance e facendolo entrare in contatto con il proprio inconscio, egli poteva entrare in relazione con una parte di sé che aveva l’immagine di un bambino piangente, con il quale l’uomo si identificava fortemente. La scoperta mise in evidenza che Vincenzo, pur essendo un adulto biologico, si identificava affettivamente e psicologicamente con l’immagine di un bambino. Questa prima intuizione venne poi approfondita, studiata su centinaia di casi e da questi approfondimenti è nata la psicologia evolutiva delle personalità.


Il modello della psicologia evolutiva

Il modello evolutivo delle personalità concepisce l’essere umano come formato da tre personalità chiamate Bambino, Adulto e Genitore, tutte presenti contemporaneamente nell’individuo. In realtà se ne presuppongono diverse minori (che R. Assagioli aveva chiamato sub personalità)ma queste tre sono quelle che più delle altre si strutturano come personalità dominanti.
La loro derivazione non ha a che fare né con le tre istanze psichiche freudiane, ne con la teoria transazionale di Berne, con la quale il modello è spesso confuso.
La formazione delle tre personalità è infatti psico-biologica, poiché  deriva dai tre schemi di comportamento innato che caratterizzano le tre fasi di vita di ogni mammifero: la dipendenza e la necessità di protezione (che caratterizzano il cucciolo), l’indipendenza e la conquista (che caratterizzano l’adulto), la protezione e l’accudimento (che caratterizzano il genitore). Ciascuno di questi tre schemi innati ha una funzione evolutiva, ossia permettono l’attivazione di schemi di comportamento che si manifestano come adattivi in un preciso momento di vita dell’animale.  
Nel corso dell’evoluzione della specie, ed in particolare con lo sviluppo delle funzioni cognitive superiori tipiche dell’essere umano (il pensiero, la coscienza, l’autocoscienza, il linguaggio, solo per citarne alcune) è stato possibile sviluppare in maniera più complessa il rapporto con noi stessi. Grazie a questa evoluzione cognitiva questi tre schemi hanno iniziato a prendere sempre meno la forma di schemi innati (Stimolo-Risposta), e sempre più si sono strutturati come vere e proprie personalità, indipendenti, intercomunicanti e coesistenti, quando ben integrate, all’interno di un individuo.
Le facoltà cognitive evolute permettono infatti all’uomo di creare un’immagine di sé (auto immagine) che viene caricata di significati, affetti, sentimenti, memorie e apprendimenti. E’ un’evoluzione del rapporto con noi stessi, che non è presente in altri mammiferi, se non in forma accennata in alcuni  primati.
L’individuo, nella sua crescita, non costruisce una sola auto immagine, ma almeno tre: ciascuno crea la sua auto immagine di bambino, quella di adulto e quella di genitore (grazie ai meccanismi permessi dalla coscienza e dalla possibilità di riflettere su sé stesso) con le quali si identifica progressivamente. Quella del bambino è la prima personalità che si sviluppa. Durante la crescita (che nell’essere umano è lunga, rispetto alle altre razze) il bambino impara ad riflettere su sé stesso, a conoscersi, a creare una propria identità, si lega a pensieri, sentimenti, memorie che vanno a creare la sua personalità di bambino, alla quale si ancora fino ad un punto della sua vita. Questo punto dovrebbe corrispondere al momento in cui, abbastanza cresciuto, egli si stacca dalla famiglia (o viene staccato dai genitori, come avviene in natura) per cercare la sua identità di adulto ed attivare lo schema dell’indipendenza, della caccia, della conquista. Un seme dell’identità di adulto è già in lui, poiché crescendo il suo schema innato di adulto è stato rinforzato dal contatto con figure di adulti di riferimento che si sono sedimentate nella sua memoria; così come le cure parentali ricevute vanno ad influire sullo schema innato della cura e dell’accudimento, da cui si svilupperà la personalità genitoriale. La lotta per la conquista dell’indipendenza (condizione che gli permette la sopravvivenza) è costellata dal superamento di ostacoli che generano frustrazione, contro le quali impara a combattere. Lo sviluppo di qualità di indipendenza, capacità di sopportazione, autonomia economica ed affettiva, sopportazione della fatica, competizione entrano a fare parte della strutturazione dell’identità di adulto. Infine, la presenza della prole e la dedizione che ne consegue, attiva e struttura la personalità genitoriale.

Nel prossimo articolo vedremo le caratteristiche di queste tre personaliltà ed analizzerò le differenze fra il modello evolutivo e l'analisi transazionale. L'omonimia della triade Bambino, Adulto, Genitore  dà infatti luogo a diversi fraintendimenti.