L’omonimia legata ai termini Bambino, Adulto e Genitore ha
creato spesso confusioni fra il modello evolutivo e l’analisi transazionale
fondata da Berne. Anche se il fondatore del modello evolutivo, il prof.
G.C.Giacobbe riconosce il debito del suo approccio anche all’analisi
transazionale, esistono punti di differenziazione qualitativa che li rendono
due approcci distinti. Vediamo quali.
1)Nell’analisi transazionale la personalità viene
considerata unica, composta da tre stati dell’Io (o sottosistemi interagenti),
che sono appunto lo stato dell’ Io Bambino, dell’ Io Adulto e dell’ Io
Genitore. Nel modello evolutivo si afferma invece che Bambino, Adulto e
Genitore non rappresentano stati dell’Io, ma formano tre personalità ben
distinte, con sistemi percettivo reattivi, comportamenti e bisogni differenti.
Per questo motivo possiamo chiamare il modello evolutivo delle personalità
anche modello delle personalità multiple.
2)Nell’analisi transazionale i tre stati dell’Io
sono definiti come istanze psichiche che
Berne deriva da quelle freudiane (Es, Io, Super Io) e di cui mantengono alcune
caratteristiche. Nel modello evolutivo Bambino Adulto e Genitore sono
personalità complesse che derivano dallo sviluppo degli schemi comportamentali
innati dei mammiferi. Quello del bambino, basato sulla dipendenza e la
richiesta di accudimento, quello dell’adulto, basato sull’indipendenza, caccia
e sopraffazione/difesa per la conquista dei territori e della sopravvivenza,
quello del genitore basato sull’accudimento della prole. La psicologia
evolutiva intende quindi proporre le tre personalità all’interno di un’ottica
evolutiva che vede la personalità multipla dell’essere umano come evoluzione
psicologica della razza.
3)Una ulteriore differenza la si osserva
nell’attribuzione delle funzioni ai componenti della triade in entrambi i
modelli. Per esempio, l’Io bambino, quando attivo, viene considerato come
l’espressione del comportamento di quando ero bambino. Nel modello evolutivo si
riconoscono delle caratteristiche di base (appartenenti allo schema innato di
cui abbiamo accennato) del cucciolo: ossia dipendenza, ricerca di aiuto,
ricerca di protezione. Lo stato dell’Io adulto viene considerato nell’analisi
transazionale come la sede delle decisioni, dell’elaborazione delle informazioni,
del contatto col mondo. Nell’approccio evolutivo l’Adulto ha a che fare con
abilità quali la capacità di sviluppare indipendenza, autoaffermazione,
autorealizzazione, autostima. Ossia il raggiungimento di uno stato autonomo. Lo
stato dell’Io Genitore è visto nell’analisi transazionale come l’attivazione di
quanto imparato da bambini dai propri genitori, compresa la morale. Di nuovo, Nel modello evolutivo si presuppone uno schema
innato di base, caratterizzato da capacità di sacrificio, dedizione,
accudimento, sopra i quali si vanno a sedimentare gli apprendimenti. Il genitore
punitivo nell’accezione negativa di Berne (ossia la parte svalutativa,
negativa, critica) viene considerato dal modello evolutivo un bambino
mascherato da genitore. Il genitore, infatti, nella sua manifestazione matura e
completa ha come comportamento primario quello del sostegno, dell’aiuto, del
supporto alla prole. Ossia genera amore.
4)L'obiettivo che ci si prefigge avviando
l'analisi transazionale è di ristabilire l'autonomia e di rendere più stabile
la condizione di problem
solving dell'individuo, potenziando lo stato dell’Io adulto. Nel
modello evolutivo lo scopo è quello di ristabilire un equilibrio fra le tre
personalità, non solo potenziando l’Adulto, ma quando necessario anche il Genitore
e proteggendo/medicando affettivamente il Bambino affinchè abbandoni lo stato
di dominanza (che è determinato dalla forza emotiva di cui si nutre la personalità
stessa) e lasci svilupparsi gli altri due modelli.
5)Nel modello evolutivo le tre personalità sono legate
anche alle tre auto immagini sedimentate in memoria, che coinvolgono sia il sistema affettivo che
quello cognitivo della persona. La terapia utilizza proprio la strada della
visualizzazione (o della trance) per entrare in contatto con l’inconscio, ove
risiedono le personalità.
Vi sono altre differenze, di minore importanza, ma ritengo
che già queste possano chiarire la differenza fra i due modelli, che poi
pragmaticamente diventa differenza nella tecnica terapeutica.
per l’evoluzione, il benessere e la
cura della persona
dott.ssa
Monica Bonsangue
psicologa,
psicoterapeuta,
psicopatologa,
ricercatrice.
“Ogni nuova
fede comincia con un’eresia”
Robert Aron
La psichiatria moderna e le varie correnti di psicologia
degli ultimi secoli sono abbastanza concordi nel ritenere che un individuo è sano quando ha una struttura di
personalità ben formata, coerente e non contraddittoria. Molti di questi
modelli hanno studiato e descritto la personalità da diversi punti di vista,
arrivando a darne anche differenti interpretazioni. Ciascuno di loro ha avuto
enormi influenze in ambito psicoterapeutico, poiché numerosi approcci di
psicoterapia si sono sviluppati seguendo le indicazioni che emergevano dagli
esiti degli studi sulla personalità.
Nel corso dei tempi, a partire da
Ippocrate e forse anche prima, l’uomo ha prodotto centinaia di modelli per
interpretare le personalità umane.
Gli studi dei ricercatori hanno
portato alla creazione di diverse teorie, fra cui ricordiamo:
-Teorie somatiche (teorie che assumono come indizio
rilevante la costituzione morfologica). Galeno, Kretschmer (1925), Scheldon
(1942) sono alcuni dei più famosi esponenti.
-Teorie fisiologiche funzionali (che assumono come assunto rilevante la risposta
neurovegetativa o l’equilibrio ormonale), in cui spiccano gli studi di Friedman
e Rosenman (1959).
-Teoria delle tipologie psicologiche (quando al cento dell’attenzione vi
è la risposta comportamentale), sviluppata da C.G.Jung a partire dal 1923.
-Teorie dei tratti caratteriali, che
pongono l’accento sulle caratteristiche individuali che variano da individuo ad
individuo, sviluppate diversamente da Allport (1955), da Cattel (1956), da H.
J. Eysenck (1986).
-Le teorie
interpersonali, che cercano di correlare lo sviluppo della persona in base
all’influsso delle forze dell’ambiente umano e sociale frequentato
nell’infanzia e nel presente, su cui hanno lavorato K. Horney (1959), E. Fromm (1971) ed E. H. Erikson (1959) .
-Le teorie dell’apprendimento, in cui l’accento è posto sull’influenza che ha l’apprendimento di
modificare il comportamento individuale. Gli studiosi di spicco di questa
corrente sono Dollar e Miller (1950), Lazarus (1961), Rotter (1971).
-La teoria del campo, di K. Lewin (1935) che applica al comportamento interpersonale e al
concetto di personalità i principi strutturali evidenziati dai gestaltisti
nello studio della percezione.
-Le teorie della percezione del Sé , teorie fenomenologiche che intendono la personalità come frutto di
una scelta cosciente. C. Rogers (1951), Snygg e Combs (1959) fra i pionieri di
questo approccio.
Ciascuna di queste teorie, anche se ammette più dimensioni,
ovvero differenti aspetti costitutivi di una personalità, condivide con le
altre due aspetti:
1.il dare per scontato che siamo
costituiti da una sola personalità;
2.il fatto che la personalità, per
avere caratteristiche sane, deve essere stabile nel tempo nelle caratteristiche
fondamentali (vedi studio dei tratti caratteriali) e coerente con sé stessa,
ossia non contraddittoria.
Caprara e Cervone (p.56, Personalità,
determinanti, dinamiche, potenzialità, Raffaello Cortina ed.), facendo
riferimento agli studi di Block (1971, 1993), Endler (1984) e Magnusson (1988)
commentano:
“E’ divenuto chiaro che
la personalità è caratterizzata non solo da una significativa stabilità nel
corso del tempo, ma che si realizzano interazioni dinamiche anche tra le
persone e gli ambienti sociali, le quali contribuiscono significativamente alla
determinazione sia della stabilità sia dei percorsi di cambiamento”.
Il costrutto della personalità unica, stabile, integrata
risente di alcune influenze, alcune delle quali derivano dall’applicazione
delle logiche aristoteliche allo studio dell’essere umano. L’influsso dei
principi della logica ordinaria e dei suoi principi fondamentali (principio di identità,
principio di non contraddizione, principio del terzo escluso) è stato presente
in tutto il pensiero scientifico fino alla prima metà del ‘900, e la sua
applicazione a tutte le scienze ne ha influenzato lo sviluppo ed i metodi di
ricerca. Scienze psicologiche comprese.
Nell’ottica delle correnti moderne le personalità multiple,
intese come Disturbo Dissociativo dell’Identità (caratterizzato dalla presenza
di almeno due personalità separate che prendano costantemente il controllo
dell’individuo, associato a perdita di memoria, depersonalizzazione, fuga
dissociativa, solo per citare alcune manifestazioni) vengono considerate una patologia, qualcosa che va fuori
dall’ordinario, un aspetto da curare.
Compito di psichiatri e psicoterapeuti appositamente formati sarebbe, da questo
punto di vista, quello di mettere in ordine la personalità divisa, frammentata,
edintegrare in una sola struttura
coerente e non contraddittoria tutte quelle parti del Sé e dell’Io che
risultano in contraddizione.
Ma esiste anche un altro punto di vista, poche voci fuori dal
coro che hanno avanzato una teoria affascinante.
Questa teoria prevede che l’essere umano sia in realtà formato
da personalità multiple.
Ma è davvero possibile una visione del genere? Da dove
proviene? Ha dei riscontri pragmatici? Ma soprattutto, quali campi di
riflessione e di ricerca ci può aprire?
La nascita del modellodella psicologia evolutiva (delle personalità)
La
psicoterapia evolutiva è nata sul campo ed il risultato di una lunga pratica
clinica sviluppata tramite la psicoterapia. Il suo primo protagonista è stato
Vincenzo, un paziente in cura dal prof. Giacobbe, fondatore del modello. Questo
paziente soffriva di una quantità sconsiderata di fobie: aveva paura di tutto.
Aveva già consultato diversi terapeuti, senza risultato. Il prof. Giacobbe scoprì
che mettendo l’uomo in uno stato di trance e facendolo entrare in contatto con
il proprio inconscio, egli poteva entrare in relazione con una parte di sé che
aveva l’immagine di un bambino piangente, con il quale l’uomo si identificava
fortemente. La scoperta mise in evidenza che Vincenzo, pur essendo un adulto
biologico, si identificava affettivamente e psicologicamente con l’immagine di
un bambino. Questa prima intuizione venne poi approfondita, studiata su
centinaia di casi e da questi approfondimenti è nata la psicologia evolutiva delle personalità.
Il modello della
psicologia evolutiva
Il modello evolutivo delle personalità concepisce l’essere umano come
formato da tre personalità chiamate Bambino, Adulto e Genitore, tutte presenti
contemporaneamente nell’individuo. In realtà se ne presuppongono diverse minori
(che R. Assagioli aveva chiamato sub
personalità)ma queste tre sono quelle che più delle altre si strutturano
come personalità dominanti.
La loro derivazione non ha a che fare
né con le tre istanze psichiche freudiane, ne con la teoria transazionale di
Berne, con la quale il modello è spesso confuso.
La formazione delle tre personalità è
infatti psico-biologica, poiché deriva
dai tre schemi di comportamento innato che caratterizzano le tre fasi di vita di
ogni mammifero: la dipendenza e la necessità di protezione (che caratterizzano
il cucciolo), l’indipendenza e la conquista (che caratterizzano l’adulto), la
protezione e l’accudimento (che caratterizzano il genitore). Ciascuno di questi
tre schemi innati ha una funzione evolutiva, ossia permettono l’attivazione di
schemi di comportamento che si manifestano come adattivi in un preciso momento
di vita dell’animale.
Nel corso dell’evoluzione della
specie, ed in particolare con lo sviluppo delle funzioni cognitive superiori tipiche
dell’essere umano (il pensiero, la coscienza, l’autocoscienza, il linguaggio,
solo per citarne alcune) è stato possibile sviluppare in maniera più complessa
il rapporto con noi stessi. Grazie a
questa evoluzione cognitiva questi tre schemi hanno iniziato a prendere sempre
meno la forma di schemi innati (Stimolo-Risposta), e sempre più si sono
strutturati come vere e proprie personalità, indipendenti, intercomunicanti e
coesistenti, quando ben integrate, all’interno di un individuo.
Le facoltà cognitive evolute
permettono infatti all’uomo di creare un’immagine di sé (auto immagine) che
viene caricata di significati, affetti, sentimenti, memorie e apprendimenti. E’
un’evoluzione del rapporto con noi stessi, che non è presente in altri
mammiferi, se non in forma accennata in alcuni primati.
L’individuo, nella sua crescita, non
costruisce una sola auto immagine, ma almeno tre: ciascuno crea la sua auto
immagine di bambino, quella di adulto e quella di genitore (grazie ai
meccanismi permessi dalla coscienza e dalla possibilità di riflettere su sé
stesso) con le quali si identifica progressivamente. Quella del bambino è la
prima personalità che si sviluppa. Durante la crescita (che nell’essere umano è
lunga, rispetto alle altre razze) il bambino impara ad riflettere su sé stesso,
a conoscersi, a creare una propria identità, si lega a pensieri, sentimenti,
memorie che vanno a creare la sua personalità di bambino, alla quale si ancora
fino ad un punto della sua vita. Questo punto dovrebbe corrispondere al momento
in cui, abbastanza cresciuto, egli si stacca dalla famiglia (o viene staccato
dai genitori, come avviene in natura) per cercare la sua identità di adulto ed
attivare lo schema dell’indipendenza, della caccia, della conquista. Un seme
dell’identità di adulto è già in lui, poiché crescendo il suo schema innato di
adulto è stato rinforzato dal contatto con figure di adulti di riferimento che
si sono sedimentate nella sua memoria; così come le cure parentali ricevute
vanno ad influire sullo schema innato della cura e dell’accudimento, da cui si
svilupperà la personalità genitoriale. La lotta per la conquista dell’indipendenza
(condizione che gli permette la sopravvivenza) è costellata dal superamento di
ostacoli che generano frustrazione, contro le quali impara a combattere. Lo
sviluppo di qualità di indipendenza, capacità di sopportazione, autonomia
economica ed affettiva, sopportazione della fatica, competizione entrano a fare
parte della strutturazione dell’identità di adulto. Infine, la presenza della
prole e la dedizione che ne consegue, attiva e struttura la personalità
genitoriale.
Nel prossimo articolo vedremo le caratteristiche di queste tre personaliltà ed analizzerò le differenze fra il modello evolutivo e l'analisi transazionale. L'omonimia della triade Bambino, Adulto, Genitore dà infatti luogo a diversi fraintendimenti.